Chi soffre di più, chi meno: le differenze individuali nella percezione del dolore
La percezione del dolore fisico è per definizione un’esperienza assolutamente soggettiva. Per valutare il dolore, il medico non può fare altro che basarsi su ciò che il paziente riferisce e, solo in parte, sul suo comportamento. Ma anche tenendo conto di questa difficoltà di interpretazione del vissuto di una persona, gli studi e l’esperienza clinica testimoniano che l’esperienza del dolore è molto variabile da persona a persona, e dipende da un mosaico di fattori individuali. Ciò emerge in modo particolarmente evidente dagli studi che hanno analizzato gli effetti su alcuni volontari di uno stimolo doloroso di intensità predeterminata.
Le moderne tecniche di analisi per immagini hanno permesso di chiarire un aspetto importante: anche l’attivazione cerebrale prodotta in persone diverse da uno stesso stimolo è differente. Ciò significa in altre parole che la soggettività del dolore è in qualche modo connaturata alla morfologia del sistema nervoso. Su questo fattore biologico si innestano poi altri elementi psicologici e sociali, che possono influire su come il dolore viene vissuto e su come viene raccontato.
Il dolore parla al femminile
Un primo dato macroscopico riportato dagli studi sull’argomento è che il dolore cronico è più frequente tra le donne che tra gli uomini. Nello specifico, il sesso femminile è maggiormente a rischio per diverse condizioni associate a dolore, come:
- emicrania
- cefalea di tipo tensivo
- lombalgia
- fibromialgia
- disturbi temporo-mandibolare (dolore e disfunzione di questa articolazione)
- sindrome dell’intestino irritabile
- osteoartrosi.
Alcuni studiosi ritengono che il sesso non influenzi direttamente il dolore, ma che ci siano delle differenze di genere in altri aspetti, sia biologici, come gli ormoni e le risposte infiammatorie, sia psicologici, come le capacità cognitive/affettive, i ruoli di genere o la capacità di affrontare il dolore, che possono influenzare la percezione del dolore.
Da segnalare che, negli studi sperimentali, le donne mostrano una maggiore sensibilità al dolore in quasi tutti i parametri misurabili, tra cui:
- soglia del dolore (minima intensità dello stimolo richiesta per produrre dolore)
- tolleranza al dolore (massima intensità di dolore tollerabile).
Il dolore cambia con l’età
Un’altra caratteristica del dolore è che cambia con l’avanzare dell’età, secondo schemi che è difficile definire e che dipendono molto dal tipo di dolore. Alcuni studi si sono concentrati sulla prevalenza del dolore, cioè della sua diffusione nella popolazione. Da questi è risultato che:
- la prevalenza dei dolori articolari, dei dolori alle estremità e i dolori neuropatici tende ad aumentare in modo costante con l’aumentare dell’età
- la prevalenza del dolore cronico generale aumenta fino alla mezza età, raggiungendo poi un valore stabile nel tempo
- condizioni dolorose come il mal di testa, il dolore addominale, il mal di schiena e i dolori dell’articolazione temporo-mandibolare raggiungono il massimo livello tra i 20 e 50 anni, per poi diminuire.
Altre ricerche invece sono state dedicate ai cambiamenti con l’età dell’intensità e dell’impatto del dolore, in particolare di quello cronico. In questo caso, sono emersi risultati tra loro contrastanti.
In termini generali, con l’invecchiamento sono molti i cambiamenti biologici che possono contribuire a incrementale il dolore, alterando alcuni meccanismi che lo modulano, come ad esempio:
- infiammazione generale dell’organismo
- stress ossidativo
- alterazioni nella funzionalità del sistema nervoso autonomo (che innerva gli organi interni e le ghiandole)
- alterazioni nella struttura e nella funzionalità del sistema nervoso.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che nel caso delle persone anziane il dolore può aumentare a causa della concomitanza di altri fattori psicosociali, quali:
- i deficit cognitivi
- la qualità del sonno
- il supporto sociale.
Infine, gioca a sfavore degli anziani il fatto che il dolore in questa fascia di età spesso non è trattato in modo adeguato.
I fattori psicosociali
Una parte della ricerca recente ha indagato l’insieme dei fattori psicologici e sociali che, come già anticipato nel paragrafo dedicato ai cambiamenti dovuti all’età, interagiscono con l’esperienza soggettiva del dolore. Tra i fattori psicologici hanno particolare rilevanza:
- lo stato dell’umore e le condizioni affettive
- la tendenza al catastrofismo
- il livello di stress
- la capacità di affrontare le situazioni.
Tra i fattori sociali si annoverano:
- I fattori culturali
- l’ambiente sociale
- i fattori economici
- il supporto sociale.
Il modello più accreditato considera i fattori biologici (gravità del dolore, stato d’infiammazione e funzioni cerebrali), quelli sociali e quelli psicologici come domini distinti, ma in continua e reciproca interazione.
Fonti
Fillingim RB. Individual Differences in Pain: Understanding the Mosaic that Makes Pain Personal. Pain 2017; 158 (Suppl 1): S11–S18