Il linguaggio del dolore, come descriverlo
La IASP (Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore) definisce il dolore come “esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata o simile a quella associata a un danno tissutale reale o potenziale”, ma non solo, aggiunge:
- Il dolore è sempre un’esperienza personale influenzata, a vari livelli da fattori biologici, psicologici e sociali.
- Le persone apprendono il concetto di dolore attraverso le loro esperienze di vita.
- Il racconto di un’esperienza come dolorosa dovrebbe essere rispettato.
- Il dolore può avere effetti negativi sulla funzionalità e il benessere sociale e psicologico.
- La descrizione verbale, è solo uno dei numerosi modi per esprimere il dolore; l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano o un animale provi dolore.
Talvolta il dolore è molto difficile da descrivere, può essere avvertito in una sola zona o su una superficie estesa e l’intensità può variare da lieve a intollerabile.
Per questo esistono terminologie specifiche che lo descrivono, che possono aiutare il medico nella diagnosi.
Il dolore può essere descritto come:
- acuto quando è improvviso e di breve durata ed è di solito collegato ad un danno dei tessuti o ad uno stimolo valutato come pericoloso, ad esempio in caso di un trauma; questo tipo di dolore può essere così intenso da causare ansia, tachicardia, frequenza respiratoria accelerata, aumento della pressione, sudorazione e pupille dilatate.
- cronico, è un dolore che si protrae per lungo tempo, e può essere accompagnato da altri problemi, come depressione, disturbi del sonno, diminuzione di energia, appetito scarso, perdita di peso
- continuo se è sempre presente o al contrario intermittente, se la sua presenza/assenza si alternano
Per comprendere il dolore, serve capire anche la sua intensità. La resistenza al dolore, infatti, è altamente soggettiva: c’è chi non riesce a sopportare il dolore di un piccolo taglio o di una contusione, mentre chi riesce a sopportare piuttosto bene il dolore provocato da un incidente grave o da una ferita da taglio. La tolleranza al dolore non è solo soggettiva, ma varia in funzioni di altri fattori quali l’umore, la personalità e le circostanze. Ad esempio, può accadere che un atleta in un momento di eccitazione durante una competizione possa non percepire il dolore legato ad un trauma anche serio o possa percepirlo in modo ridotto, per avvertirlo in tutta la sua intensità al termine della gara, soprattutto se si subisce una sconfitta.
Per avere un’indicazione che sia però più oggettiva dell’intensità del dolore, vengono in aiuto al medico le cosiddette “Scale del dolore”, che permettono di dare un punteggio all’intensità del dolore.
Esistono differenti tipologie di scale del dolore. La scala numerica: ai pazienti viene richiesto di assegnare un punteggio da 0 a 10 al loro dolore (0 = assenza di dolore; 10 = "il peggiore dolore mai provato"). La scala visiva analogica, i pazienti devono fare un segno che rappresenti il grado del loro dolore su una linea lunga 10 cm in cui il lato sinistro è contrassegnato con "nessun dolore" e il lato destro con "dolore insopportabile". Il punteggio del dolore corrisponde alla distanza, in millimetri, a partire dall'estremità sinistra della linea. Peri bambini, invece, viene utilizzata una scala per la quale si chiede di selezionare delle immagini da una lista di volti, che vanno dal sorriso a volti contorti per il dolore, o di frutti di dimensioni variabili, per esprimere la loro percezione della gravità del dolore.