Il dolore: come si definisce, come si classifica

Che cos’è il dolore? Tutti ne hanno avuta esperienza fin dalla nascita e nessun paziente, di solito, ha problemi a identificare dove sente male né a dire con che intensità. Per la pratica clinica è però utile poter definire il sintomo doloroso in tutti i suoi molteplici aspetti e sfumature.

Il dolore, un’esperienza multidimensionale

Un documento, che risale al 1986, redatto dall’Associazione internazionale per lo studio del dolore (IASP) parla del sintomo doloroso come di “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a un danno ai tessuti; il danno può essere già in atto o solo potenziale”. Si tratta di anche “un’esperienza individuale e soggettiva” che viene percepita più o meno intensamente per effetto di diversi fattori organici e non organici, che intervengono a modulare il segnale nervoso che viaggia dalla periferia verso il cervello, dove il segnale viene interpretato. In sostanza, il dolore viene definito come un’esperienza multidimensionale. La sensazione dolorosa dipende:

  • dal fatto che le terminazioni nervose sono state più o meno stimolate
  • dall’intervento di altre strutture nervose che limitano o amplificano in maniera importante quanto percepito
  • da altri fattori psichici, ambientali, culturali, religiosi e affettivi
  • dall’esperienza passata del soggetto.

Dunque il dolore è un’esperienza spiacevole, di sconforto. È un sintomo di malattia. Ma il dolore ha anche un forte significato vitale: rappresenta infatti un segnale di allarme all’interno di un efficace sistema difesa dell’organismo, essenziale per evitare un danno potenziale.

Lo IASP sottolinea anche che il dolore è un sintomo trasversale e frequente. Ciò significa che è presente in moltissimi disturbi e patologie che colpiscono tutte le parti del corpo per le cause più disparate.

È un segnale importante anche nella gestione clinica: serve molto spesso al medico per porre una diagnosi della malattia, e lo aiuta a capire se essa va verso una risoluzione o verso un peggioramento. Per questo motivo, è anche la fonte principale di ansia e di paura del paziente e dei suoi familiari. Inoltre, la sua presenza è uno dei fattori che più condizionano la qualità della vita.

Come si classifica il dolore

Per poter classificare adeguatamente il dolore, la prima distinzione che si fa è tra dolore acuto e dolore cronico.

Il dolore acuto è legato a un danno ai tessuti localizzato. Tende per questo a scomparire via via che procede la guarigione. Di solito ha una causa ben individuabile: una ferita, una frattura, un’infezione in atto o un intervento chirurgico. Il dolore cronico invece dura nel tempo. Può avere origine sia da un danno organico che non si risolve, oppure può essere l’effetto di un processo di automantenimento: ciò significa che la stimolazione nervosa che fa percepire il dolore permane anche se la sua causa iniziale non c’è più. È uno dei sintomi che accompagnano le malattie croniche  di ogni tipo: proprio perché si mantiene nel tempo, altera la condizione psichica ed emotiva del paziente, nonché la sua capacità di mantenere relazioni sociali.

Si definisce poi un terzo tipo di dolore, quello procedurale, che è strettamente connesso alle procedure mediche di diagnosi o di terapia. È molto spesso associato ad ansia e paura, ed è perciò fonte di stress. Influenza infine sia la percezione della qualità delle cure sia la qualità di vita.

C’è poi una classificazione del dolore sulla base della sua eziopatogenesi.

Si parla di dolore nocicettivo, quando il dolore è dovuto a una stimolazione dei nocicettori, le terminazioni dei neuroni che segnalano al sistema nervoso centrale un danno ai tessuti. Questo danno può essere l’effetto di una stimolazione meccanica forte, una temperatura estrema, la deprivazione di ossigeno, l’esposizione a sostanze chimiche o altri fattori. I nocicettori sono presenti in quasi tutti i distretti anatomici del corpo, con l’importante eccezione del cervello stesso.

Il dolore neuropatico è invece quello che si percepisce in seguito a lesioni del sistema nervoso periferico o del sistema nervoso centrale. I tipici casi di dolore neuropatico sono quelli che colpiscono i soggetti che hanno subito l’amputazione di un arto, o che sono paraplegici, o ancora che sono stati colpiti da un’infezione da herpes (per esempio, il temibile Fuoco di Sant’Antonio) o da una polineuropatia diabetica (cioè un danno dei nervi prodotto dal diabete). Si definisce dolore misto l’associazione di dolore nocicettivo e dolore neuropatico.

Il terzo tipo di dolore è il dolore funzionale, che può derivare da un’abitudine a movimenti disfunzionali o da una postura scorretta. Tipico è il caso del mal di schiena. Nel dolore funzionale giocano un ruolo importante anche l’attivazione del sistema nervoso autonomo, che regola le funzioni inconsce dell’organismo, in soggetti affetti da depressione o da stati di ansia, e l’aumento del tono muscolare nelle situazioni di stress.

 

http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=3769&area=curePalliativeTerapiaDolore&menu=terapia

http://www.snamid.it/wp-content/uploads/2014/05/dimensione_snamid_giugno2011.pdf