La fibromialgia: come riconoscerla, come curarla
La fibromialgia è un disturbo caratterizzato da dolore muscolo-scheletrico diffuso, spesso accompagnato da stanchezza cronica e disturbi del sonno. Da una stima sui pazienti che si presentano nell’ambulatorio del medico di famiglia, si stima che colpisca una persona su 20 nella popolazione generale. I soggetti sono in prevalenza donne, in rapporto tre a uno con gli uomini.
Si tratta di una condizione che può avere importanti disturbi concomitanti, come:
- depressione
- problemi cognitivi (amnesie, difficoltà di concentrazione)
- sindrome dell’intestino irritabile
- disturbi cardiaci
- ipertensione
- obesità e disturbi del metabolismo dei lipidi.
I pazienti con fibromialgia riferiscono spesso anche altre condizioni dolorose o disturbi caratterizzati da dolore:
- dolore all’articolazione temporo-mandibolare
- cistite
- mal di testa
- cervicalgia
- lombalgia.
Da segnalare anche che la fibromialgia si presenta spesso associata alle disfunzioni della tiroide, oltre che a diverse patologie reumatiche, quali:
- osteoartrosi
- artrite reumatoide
- lupus eritematoso sistemico
- spondilite anchilosante.
La fibromialgia si può sviluppare a qualsiasi età, anche nell’infanzia, ma nella maggior parte dei casi l’insorgenza è nell’età adulta. Le sue cause rimangono tutt’ora sconosciute, ma la patogenesi è probabilmente attribuibile disfunzioni del sistema nervoso, riconducibili a loro volta a una predisposizione genetica del paziente, su cui agiscono alcuni fattori scatenanti. Considerata la cronicità della malattia e le numerose comorbilità a cui può accompagnarsi, la fibromialgia può essere una condizione fortemente disabilitante.
Per quanto riguarda la prognosi, gli studi mostrano che i sintomi della fibromialgia persistono nel tempo, con un impatto variabile sulla qualità della vita. Se la diagnosi viene posta in età giovanile, esiste un’alta probabilità che il disturbo permanga anche in età adulta. Infine, si segnala che i sintomi possono anche variare nel corso della malattia.
Una diagnosi difficile
Una particolarità della fibromialgia è quella di non produrre alterazioni negli esami di laboratorio e di non avere specifici marker biologici: la diagnosi si basa quindi sulla sintomatologia riferita dal paziente. L’ampia gamma di sintomi lamentati dai soggetti con fibromialgia, associata all’evoluzione graduale del disturbo, rende il compito spesso difficile, soprattutto nell’ambito della Medicina generale, anche se le società scientifiche di Reumatologia delle varie nazioni hanno da tempo pubblicato delle linee guida a cui tutti i clinici possono fare riferimento. Un problema frequente è che il medico considera la manifestazione della fibromialgia in qualche parte del corpo solo come un dolore acuto a sé stante, senza inserirlo in un quadro patologico più generale.
Da uno studio che ha indagato approfonditamente la questione, è emerso che la diagnosi di fibromialgia richiede in media due anni e arriva dopo aver consultato in media più di tre medici nel corso di questo periodo.
Molto importanti per la diagnosi sono le raccomandazioni dell’American College of Rheumatology (ACR) che si basano ora su punteggi standardizzati: l’Indice del dolore diffuso (WPI) e la Severità dei sintomi (SS).
Secondo l’ultima revisione dei criteri diagnostici, che risale al 2016, la diagnosi di fibromialgia viene posta se sono soddisfatte le seguenti tre condizioni:
- WPI ≥7 ed SS ≥5 oppure WPI 4-6 e SS ≥9
- presenza di dolore generalizzato in almeno quattro di cinque aree (mandibola, torace e addome non sono considerate come sedi di dolore generalizzato)
- i sintomi sono presenti da almeno tre mesi.
L’ACR sottolinea inoltre che la diagnosi di fibromialgia è indipendente da altre patologie concomitanti e non ne esclude la presenza.
Un trattamento su più fronti
Un altro problema diffuso, legato alle difficoltà di diagnosi, è che molti pazienti non ricevono alcun trattamento. Una volta inquadrato correttamente il disturbo, l’approccio terapeutico che si è rivelato più indicato è quello definito multimodale, in cui si associa il trattamento farmacologico a quello non farmacologico.
Nell’ambito del trattamento non farmacologico, sono particolarmente importanti le terapie fisiche, che prevedono l’allungamento muscolare e l’incremento graduale del fitness cardiovascolare, basato sull’esercizio aerobico a basso impatto (camminare, andare in bicicletta, nuotare e fare esercizi in acqua).
Effetti positivi si possono avere anche dalle terapie non convenzionali:
- consumo di integratori dietetici
- fitoterapia
- biofeedback
- agopuntura
- ginnastica dolce
- yoga.
Fonti
Arnold LM et al. Fibromyalgia: management strategies for primary care providers. Int J Clin Pract, February 2016, 70, 2, 99–112 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26817567/
Sarzi-Puttini et al. Il problema “fibromialgia” e l’inserimento nei LEA – Consensus paper (2017) https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/000/604/SUZZI_2.pdf
Wolfe F et al. Revisions to the 2010/2011 fibromyalgia diagnostic criteria. Semin Arthritis Rheum 2016; 46(3):319-329 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27916278/